Nullità dei contratti bancari per violazione della trasparenza
Uno dei vizi che più frequentemente può emergere dall’esame di un contratto bancario è la violazione della normativa dettata dal Testo Unico Bancario (D.Lgs 385/1993) in materia di trasparenza.
Le più recenti pronunce della giurisprudenza di merito ed arbitrale (ABF – Arbitro Bancario Finanziario) hanno infatti sanzionato con la declaratoria di nullità del contratto bancario istituti di credito e società di leasing che hanno applicato ai rapporti condizioni differenti da quelle pubblicizzate, se non addirittura espressamente indicate nel testo contrattuale, o hanno omesso l’indicazione in contratto di contenuti obbligatori, espressamente previsti dalla legge per garantire al cliente la massima trasparenza e conoscenza del contenuto del contratto sottoscritto.
La principale conseguenza di tale violazione è il ricalcolo del piano finanziario, o del saldo di conto corrente, nel caso di apertura di credito, con l’applicazione di tassi di interesse sostitutivi più vantaggiosi per il cliente, previsti dalla stessa norma (art. 117 comma VII T.U.B.), coincidenti per le operazioni passive con i tassi dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nell’anno antecedente alla sottoscrizione del contratto contestato.
La giurisprudenza. Dalla lettura congiunta dell’art. 117 comma VIII T.U.B. e dei regolamenti della Banca d’Italia (Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 - 9° Aggiornamento del 25 luglio 2003 e provvedimento del 29 luglio 2009) consegue che un contratto bancario di mutuo, di finanziamento o di apertura di credito, che non riporti l’Indice Sintetico di Costo (I.S.C.) debba ritenersi nullo ai sensi del comma VIII dell’art. 117 TUB, riportando un contenuto difforme da quello prescritto dalla Banca d’Italia. Tale norma ha trovato un’importante applicazione da parte del Tribunale di Napoli, il quale con sentenza del 25/05/2015 ha dichiarato la nullità di un contratto di mutuo stante la mancata indicazione dell’I.S.C. evidenziando come esso “vada riportato nel documento di sintesi e che debba essere calcolato conformemente alla disciplina del TAEG. […]” e precisando che “L’evidenziata carenza determina la nullità del contratto […]. La norma appena richiamata consente, quindi, di ritenere che, quando il contratto presenta un contenuto difforme da quello che, relativamente a determinate categorie di operazioni è prescritto dalla Banca d’Italia, esso soggiace alla previsione di nullità”.
Il Tribunale partenopeo precisa poi come non sia sufficiente che nel contratto siano indicati tutti i dati necessari al calcolo dell’ISC, e ciò per dare piena attuazione al principio di trasparenza: “siccome il calcolo dell’ISC non consiste in una semplice somma algebrica di fattori riportati nel contratto, ma impone di fare riferimento alla formula per la determinazione del TAEG e, quindi, ad un elemento che non è in alcun modo desumibile dal contratto, ma risulta solo dalle istruzioni dettate dall’organo di vigilanza delle banche, l’omessa indicazione dell’ISC priva in concreto il cliente della possibilità di conoscere tale parametro, in chiara violazione delle finalità di trasparenza perseguite dalle richiamate istruzioni della Banca d’Italia.”
Con riferimento ai contratti di leasing la Banca d’Italia non richiede l’indicazione di un ISC, ma, con il provvedimento del 29/07/2009, dà specifiche indicazioni sul contenuto di tali negozi, prevedendo in particolare che “per i contratti di leasing finanziario in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti”. Proprio in materia di leasing il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 20/06/2016, ha sospeso la provvisoria esecuzione di un Decreto Ingiuntivo esecutivo rilevando la mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato dalla società di leasing in conseguenza della diseguaglianza tra il tasso leasing indicato in contratto e quello realmente applicato nel piano finanziario del contratto contestato.
Allo stesso risultato dovrà giungersi qualora tali dati contrattuali, sia per il mutuo che per il contratto di leasing, o per finanziamenti o aperture di credito, siano riportati nel testo contrattuale in modo difforme dal vero, in quanto sanzionandosi con la nullità la sola omissione, e non anche l’indicazione di un dato non veritiero, si consentirebbe di aggirare facilmente gli obblighi prescritti dalle norme sopra citate e, soprattutto, non si darebbe piena attuazione al principio di trasparenza che le stesse tutelano.
Poiché infatti la citata legge prevede che “i contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”, e che sono nulle le clausole che indicano condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate, l’indicazione di un TAEG/ISC diverso dal reale è una condotta che viola tali precetti normativi, che tutelano la trasparenza delle condizioni contrattuali.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Chieti, con sentenza n.230 del 23/04/2015, con la quale ha affermato che “la violazione dell'obbligo della banca di informare il cliente del TAEG in concreto applicato costituisce violazione di norme imperative inderogabili determinati nullità del contratto di finanziamento: l'applicazione da parte dell'istituto di credito di tassi ultralegali in assenza di accordo sul tasso effettivamente applicato comporta l'applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 T.U.B.”. In senso conforme anche la pronuncia arbitrale n.2600/15 del 2/04/2015 del Collegio ABF di Roma, con cui il collegio sanziona l’istituto di credito per aver indicato un TAEG non corretto, in quanto privo del costo dell’assicurazione “imposta dal creditore, intesa ad assicurargli il rimborso totale o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del consumatore”, evidenziando come da tale violazione della normativa di trasparenza consegua “l’applicazione di quanto previsto ai commi 6 e 7 dell’art. 125-bis t.u.b.: la clausola contrattuale relativa alla determinazione del TAEG è nulla e deve essere sostituita ai sensi di quanto disposto dalla citata norma di legge.”
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