Aspetti legali della moneta bitcoin e della collegata attività di exchange

Da qualche anno a questa parte, si sta assistendo al passaggio da una concezione reale della moneta, fondata sulla traditio, ad una concezione obbligatori del pagamento, in cui il trasferimento della somme di denaro, slegato dalla materialità della consegna, avviene attraverso la trasmissione di impulsi elettronici che sono diretta espressione del trasferimento di moneta.
Accanto alle forme della moneta legale, bancaria e scritturale, assistiamo oggi allo sviluppo della moneta elettronica (c.d. e-money), la cui espressione estrema ed ultima, anche in senso temporale, è costituita dal bitcoin, moneta virtuale creata nel 2009, di produzione autonoma e non sottoposta al controllo di alcun istituto centrale.
La moneta P2P open source denominata bitcoin, a differenza della maggior parte delle valute tradizionali, presenta diversi profili di rischio derivanti dalla impossibilità di controllo da parte di qualsiasi autorità governativa, cui è impedito bloccare la rete, sequestrare bitcoin o svalutare la moneta creandone nuova.
Altro profilo di rischio cui è sottoposto il sistema Bitcoin è dato dall’utilizzo della moneta, facile oggetto di attività di riciclaggio di denaro, in quanto non nominativa, dunque anche in termini di rintracciabilità e di prova della provenienza del denaro.A livello internazionale non esistono discipline specifiche di tale moneta; al pari non v’è alcuna tutela da parte dell’ordinamento italiano, per cui sussistono dubbi in ordine alla liceità dell’esercizio in Italia di una attività imprenditoriale finalizzata ad operazioni di exchange del bitcoin e gestione del relativo portafoglio elettronico.
Quanto all’attività di conversione (c.d. exchange), avendo essa ad oggetto una moneta legalizzata (Euro), in conformità a quanto previsto dal D. Lgs. 169/12, è necessaria la preventiva iscrizione dell’attività imprenditoriale presso l’apposito registro riservato all’esercizio professionale di cambiavalute, tenuto dalla Banca d’Italia, per cui è altresì richiesta una autorizzazione amministrativa ai sensi degli artt. 11 e 115 T.U.L.P.S.
Con riferimento all’attività di gestione del patrimonio bitcoin attraverso un servizio di portafoglio telematico (c.d. wallet), in assenza di specifica normativa in merito, pare non sussistano ostacoli qualora essa abbia ad oggetto unicamente la moneta bitcoin. Diversamente, ove l’attività di gestione del patrimonio investa anche la moneta europea o altre valute legali, si applica la normativa relativa agli Istituti di Moneta Elettronica di cui all’art. 114-bis T.U.B. (D. Lgs. 385/93), che prevede una duplice attività da parte della Banca d’Italia: una, preventiva, di autorizzazione all’esercizio dell’attività di mediazione creditizia; l’altra, successiva, di vigilanza dell’attività medesima attraverso un sistema scambio di informazioni cartolarizzato. La normativa di riferimento a livello europeo è costituita dalla direttiva 2007/64/CE, recepita in Italia attraverso l’emanazione del D. Lgs. 11/2010, che prevede l’adozione obbligatoria per ciascun fornitore del servizio del c.d. “contratto quadro” con l’utente, il quale disciplina l’esecuzione di operazioni di pagamento.
La diffusione del fenomeno “bitcoin” ed i numerosi profili di rischio evidenziati dalle principali autorità bancarie (parere del 04.07.2014 European Banking Authority e parere del 30.01.2015 Banca d’Italia) condurranno inevitabilmente ad una regolamentazione della criptomoneta e del sistema Bitcoin, nonché dei sistemi ad esso analoghi, la cui non tracciabilità ne incentiva l’utilizzo per attività illecite.
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